Omertà da Pallone d’oro: rivelati accordi e voti a simpatia. Messi merita, ma che senso ha?
L’ambiente calcistico è uno dei più misteriosi che esistano, si sa. Molti degli episodi, dei diverbi, degli accordi che si verificano dietro le quinte possono rimanere occultati anche per sempre, e ciò che verrà alla nostra conoscenza sarà sempre una minima parte dell’accaduto. E’ una storia di connivenze, che trova il suo ultimo capitolo nelle operazioni di voto per il Pallone d’oro, pregevole riconoscimento individuale ogni anno destinato a far discutere.
I voti forniti dai più importanti personaggi del pallone, ovvero capitani e ct delle nazionali, per il tanto decantato Pallone d’oro sono risultati essere voti dati a simpatia, buttati, banali: inutili. E’ stata la FIFA stessa a renderli noti, con tanto di percentuali sulle preferenze dei candidati al premio, scoperchiando però un giro di favori puerili e pensieri comandati che possono andare bene a scuola prima delle interrogazioni, ma non nell’ambito di un evento che coinvolge una delle più grandi federazioni internazionali mai formate, che aiuta a muovere da decenni l’economia di interi Paesi. E stavolta non abbiamo la scusa di dire che siamo noi italiani, perchè qui nessuno ha l’onestà intellettuale di esprimersi su delle votazioni alla fine anche simpatiche e circa qualcosa che dovrebbe alimentare il fascino del calcio e possibilmente dello sport in generale. E così capiamo che nemmeno il Pallone d’oro può essere “serio”.
Entriamo nella fattispecie. I votanti erano tenuti a fornire tre preferenze immaginando il podio ideale: alla prima sarebbero andati 5 punti, alla seconda 3 ed alla terza 1. Ma si è visto di tutto.
Secondo Casillas, campione di Spagna, d’Europa e del mondo, il calciatore più bravo dell’anno è stato Sergio Ramos, e tra le sue tre scelte non compare Messi, simbolo della più grande squadra rivale ed acerrimo avversario di un suo compagno; Leo, invece, sulla falsa riga del suo ct Sabella, cita Aguero e non Cristiano Ronaldo, il quale chiede all’amico Bruno Alves, che vota al posto suo, di non inserire l’argentino nella propria lista immettendovi invece un improbabile van Persie. Del Bosque, istituzione calcistica fatta uomo, non vota nè Messi nè Ronaldo per dare spazio esclusivamente ai suoi cocchi iberici, mentre Prandelli, lasciando finanche per ultima la “Pulce”, elogia prima Pirlo e poi Buffon, facendo capire al portiere 34enne ed ultimamente non sempre brillante che il posto in Nazionale sia sempre assicurato; strano che nella lista non ci sia Giaccherini.
Vucinic sceglie gli amichetti Buffon e Pirlo, Buffon vorrebbe che vincesse proprio Pirlo e Löw premia ingiustificatamente i suoi Özil e Neuer, ma la palma di elettore più simpatico va sicuramente al ct della Thailandia, che è stato capace di mettere al primo posto Busquets, addirittura davanti ad Iniesta e Ronaldo, escludendo a suo favore Messi. Più facile che abbia sbagliato a votare. Nemmeno i giornalisti, uno per Paese, sono riusciti comunque a salvarsi dal gioco. Ah, in tutto ciò, di Cavani non possiamo parlare perchè non era nemmeno tra i candidati (come Milito nell’anno del “triplete”).
Risultato: Messi ottiene il 41,6% dei voti, contro il 23,68 di Ronaldo ed il misero 10,91 di Iniesta. Va da sé che fortunatamente, come prevedibile, i primi siano stati destinati ad essere i primi e che la vittoria di Messi, per quanto indesiderata da una frangia di amanti del calcio, non sia assolutamente illegittima. Se però evitiamo di scorrere la classifica e di scoprire Xabi Alonso e Yaya Tourè sopra a Neymar stiamo tutti un po’ meglio.
L’oggettivo diventa soggettivo, dando così vita ad una formula sempre valida che nessuno vuole ridiscutere: nel calcio si può tirare troppo la corda e piace farlo. La nostra intelligenza viene presa in giro a livello mondiale.
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