C’era una volta la riconoscenza… La storia di un valore che nel calcio ha lasciato spazio ad altro
C’era un tempo, non molto lontano, in cui i calciatori giocavano semplicemente a calcio mentre le società, con altrettanta semplicità, gestivano al meglio (e nel loro interesse) i propri club. L’introduzione, tutt’altro che ironica, ha il solo scopo di mettere in risalto la paradossale situazione che da tempo ogni appassionato di questo sport è costretto a constatare. Il complesso mondo del calciomercato, già di per sé particolare e cinico, continua ogni giorno a stupire, arricchendosi di nuovi stratagemmi architettati a dovere per permettere ad ogni individuo di riuscire ad ottenere il massimo dalle loro pretese, schiacciando sogni e valori con la stessa semplicità con la quale si è soliti spegnere le sigarette gettate a terra.

Capita così che campioni del calibro di Higuain, Jovetic e Cavani (giusto per citare qualche nome eccellente) decidano inopportunamente di diventare padroni assoluti del proprio futuro, costringendo i propri club di appartenenza (gli artefici del proprio successo, insomma) ad uno sforzo ancor più grande nel tentativo di resistere alle avances delle altre squadre. Manifestando esplicitamente i propri malumori e le proprie ambizioni, nel tentativo che l’unico ostacolo che li separa dai loro desideri – il cartellino – possa diventare più accessibile.
Inopportuni si, ma anche ingenui. Ignari di quante coincidenze la vita possa riservar loro. Dove, come e quando andar via: decidono tutto loro. Come se quella firma sul quel foglio bianco chiamato contratto, altro non fosse che semplice e superficiale garanzia di un futuro economicamente prosperoso e facilmente rettificabile in base ai propri capricci. Noncuranti di tifoserie intere che per anni li hanno sostenuti anche nei momenti di maggiore difficoltà, quelli in cui è solo l’apporto del pubblico a darti la forza per non mollare.
E che importanza ha, ora come ora, domandarsi se sia tutto frutto del loro egoismo o se i calciatori siano semplici burattini dalla personalità labile nelle mani sbagliate. La riconoscenza non ha proprietari, e sembra non far più parte del mondo del calcio.