DIREZIONE SUD – Non solo calcio al San Paolo, ma un urlo condiviso: “STOP BIOCIDIO!”
Se sei dell’idea che il calcio sia solamente un gioco, un modo come un altro per svagarsi e ottundere la mente dai reali problemi del paese, allora ti invito a non leggere queste righe.
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Puoi tornare sul tuo eremo di condiscendenza e onanismo intellettuale.
Niente di tutto questo è ascrivibile al Napoli. Punto. Non conviene però sviscerare questo concetto con frullati di retorica che spaziano – come noto – dall’appartenenza toponomastica ai sentimentalismi striscianti che circuiscono, in un solo respiro, ricchi e poveri, camorristi e magistrati, cattolici e brava gente.
Il Napoli che gioca al San Paolo è un complesso umano, è la metropoli che prende coscienza di sé in un ibrido sociale.
E’ il riscaldamento sulle note di “life is life”, è Marekiaro che saluta le curve, è una sferzata di vento elettrico che raddrizza le spalle e fa sgranare gli occhi. Il Napoli è anche amici, parenti lontani che si riuniscono per il grande evento, la “mentalità” degli ultras, gli occasionali.
Il Napoli che gioca al San Paolo non è solamente una squadra di calcio che difende, in senso lato, i colori di una città.
Il Napoli che gioca al San Paolo è un pericolo sordido per quelli che non vogliono il bene di Napoli. E allora è tempo di rendersene conto, che stasera anche Fuorigrotta è il centro del mondo. Che è tempo di condivisioni.
E il dovere del popolo napoletano è quello di perdere la voce, svuotare le vene del proprio sangue per scrivere sopra un telo bianco come la morte: STOP BIOCIDIO.
“E sarà bellissimo come un’idea
– il graffito di Dio e il fango e i piedi nudi dei fanciulli –
e il mondo fuori, la terra dei fuochi, l’area cinerina
non sarà che un parlare ozioso.”
Giovanni Ibello