Prandelli e l'”Azzurri Code”: per la FIFA il CT è “simbolo di eleganza e stile”
Il settimanale della Fédération Internationale de Football Association, il FIFA Weekly, ha dedicato la copertina del suo nuovo numero al CT della nazionale italiana, Cesare Prandelli, giudicato “simbolo di eleganza e stile” dall’organo internazionale. Prandelli ha rilasciato una lunga intervista al FIFA Weekly, in cui ha trattato vari temi, dal mondiale di quest’estate al codice etico, quello che la FIFA chiama “The Azzurri Code”.

Eccone alcuni stralci: “Al mondiale sarei già felice se superassimo il primo turno: dobbiamo porci degli obiettivi realistici, è più intelligente. Non avrebbe senso caricare di responsabilità un gruppo giovane come il nostro. Noi possiamo creare problemi a tutti, ma le squadre favorite sono le solite: il Brasile, la Spagna, che ha dominato negli ultimi anni, la Germania, perché ha dato ai suoi giocatori una mentalità vincente, e l’Argentina, per la ricchezza di talenti. Belgio e Colombia potranno essere le possibili sorprese”.
Prandelli spiega poi il senso e l’obiettivo del Codice Etico: “Voglio giocatori che sentano l’onore di vestire la maglia azzurra: bisogna conquistarla, non solo con la tecnica, ma anche col giusto comportamento. Chi sputa in faccia all’avversario, o simula continuamente, non merita di essere convocato, a prescindere da come gioca”.
Ma il ct rivela al settimanale anche alcuni aspetti del suo carattere e della sua vita privata che fin’ora aveva taciuto ai più: “Da giovane volevo fare l’architetto, ma mia madre mi disse “Cesare, prendi il diploma”, e allora io mi diplomai da geometra. A 18 anni ho conosciuto mia moglie, a Brescia, lei ne aveva 15: da allora siamo stati insieme sempre, fino al momento in cui è scomparsa, sette anni fa. Mia moglie ha sempre confortato me e i miei figli, nonostante sapesse di star per morire. Nei suoi ultimi istanti ci siamo seduti sul letto parlandole: i medici ci avevano spiegato che l’udito è l’ultima cosa che i malati terminali perdono. Ci ha permesso di darle il nostro addio con compostezza. E’ stata fantastica, non lo dimenticherò mai”.