Daniel Alves, la banana, e quella lezione che tutti dovremmo imparare
Il gesto di Daniel Alves è singolare, e proprio per questo erediterà strascichi importanti in futuro. Non certo il fenomeno delle banane che simpaticamente popolano il web da diversi giorni, ma l’idea che l’unico modo per combattere il razzismo è prendere coscienza del fatto che il razzismo sia un fenomeno che esiste ed esisterà sempre.

Fonte: Ronnie Macdonald (wikipedia)
Se la madre dei cretini è sempre incinta, non è uccidendo la madre che si verrebbe a capo dei problemi. Bisognerebbe vivere con la consapevolezza che qualcuno, prima o poi, ci farà pesare un qualcosa che invece è semplicemente naturale. Allo stadio, per strada, al mare, in montagna. Il razzismo è un fenomeno becero che non ha luogo. Si manifesta e si manifesterà sempre, dappertutto. Bisognerebbe avere la forza di riderci su, proprio come ha fatto Dani Alves sabato al “Madrigal”. Solo ignorandolo il fenomeno del razzismo potrà smettere di far rumore. Portare via il pallone dal campo come Zoro nel 2005, o scagliare lo stesso contro una grata di ferro come Boateng lo scorso anno, oppure mostrarsi sofferenti come spesso accade a Balotelli peggiorerebbe semplicemente le cose. Celando uno stato di malessere i calciatori esaudirebbero solo quello stupido desiderio che spinge ogni persona a comportarsi in un certo modo: far sentire diverse le persone. Dani Alves lo ha capito. Mangiando la banana che gli è piovuta dagli spalti, il brasiliano ha saputo sbeffeggiare chi con quel gesto sperava di ottenere tutt’altra reazione. Siamo sicuro che sarà conveniente lanciare altre banane in futuro?