Reggina, Ciccio Cozza: “Ci vuole più cattiveria sotto porta. Diamoci una svegliata”

Determinato, imprevedibile, come quando giocava: chi non ricorda Ciccio Cozza, attuale tecnico della Reggina, ai fasti della Serie A di diversi anni fa, quando la Calabria era ben rappresentata. Oggi si parla di Lega Pro e il mister ha parlato quest’oggi tramite sito ufficiale del club. L’inizio di campionato può considerarsi poco esaltante e i suoi sono chiamati al pronto riscatto a partire dalla prossima sfida di venerdì sera contro la Lupa Roma. Queste le sue dichiarazioni: “A Matera abbiamo offerto una buona prestazione, ma ne siamo usciti sconfitti. Ormai è un dato di fatto: giochiamo bene e non raccogliamo nulla. C’è da dire, però, che l’avversario di sabato scorso è una delle squadre più forti della categoria. Un gruppo importante, costruito per vincere. A Matera abbiamo fatto la nostra partita e non meritavamo assolutamente di perdere. Ai ragazzi, durante gli allenamenti, dico che se non c’è cattiveria in fase di finalizzazione, di gol se ne faranno pochi. Mi toccherà quindi fare scelte diverse in attacco, soprattutto se chi gioca non si dà una svegliata. Finora abbiamo disputato otto gare: non si possono creare sette-otto occasioni per partita senza poi segnare. Mi auguro dunque che gli attaccanti inizino a segnare già da venerdì sera. Facendo un breve resoconto, se ognuno di loro avesse realizzato anche un solo gol a testa, oggi avremmo cinque-sei punti in più in classifica. Non voglio assolutamente dare colpa ai singoli, ma mi aspetto di più, soprattutto se giochiamo con un attacco a tre. Vedremo come andrà, in caso contrario valuterò la possibilità di cambiare qualcosa. Venerdì affrontiamo la Lupa Roma, una buona squadra che gioca un buon calcio. Un gruppo nel complesso temibile. Massimo rispetto, ma siamo sempre la Reggina. Credo che debba essere più il nostro avversario a doversi preoccupare di noi e non noi di loro”.