Arbitri, Paolo Valeri si racconta: “Il problema in Italia è la violenza sugli arbitri”
Paolo Valeri, arbitro internazionale, si racconta in un’intervista a Leggo.it.

Il fischitto romano ha ripercorso, al microfono di Alvaro Moretti (direttore di Leggo, ndr), alcuni punti della sua carriera. “Se ripenso agli inizi credo di essere stato davvero incosciente. Andavo ad arbitrare delle partite in campi sperduti nel basso Lazio, dove per una decisione potevo uscire scortato perfino dai carabinieri. Si comincia ad arbitrare da ragazzini, il problema grosso, in Italia, è la violenza, che a volte viene riservata anche ai giovani arbitri. Quindi un ragazzo di quindici, o sedici, anni che va ad arbitrare una partita di Prima o Seconda Categoria e subisce una violenza si disinnamora subito dell’attività e smette subito. Una decisione presa in maniera intuitiva? Mi viene in mente il goal-non goal di Lecce-Napoli, nel maggio 2011. Ci fu questo pallone che entra dentro di qualche centimetro ed io e l’assistente abbiamo avuto una percezione miracolosa perché siamo riusciti a determinare, senza arbitri di porta, senza moviola o altre tecnologie, che il pallone fosse entrato”. Poi Valeri parla anche della sua vita privata: “Sono sposato con Federica dal 2009, abbiamo un bambino che si chiama Tommaso, che ha 4 anni. Una donna che sta vicino ad un arbitro è una donna che deve fare tutto da sé e quando le cose vanno male, vanno male per tutti“.