Daniele Conti: “Vogliamo tornare a giocare a Cagliari!”
Conti ha parlato oggi con i giornalisti al termine degli allenamenti, e in seguito le sue parole sono state riportate sul sito del Cagliari Calcio: “Ci siamo stancati di giocare a Trieste. Da due anni siamo costretti a giocare in trasferta. Senza i nostri tifosi è dura“.

Il capitano rossoblù trasmette tutta la sua delusione per una vicenda che sembra non avere fine, e decide di prendere la parola in prima persona, come altra volte già aveva fatto, per richiamare l’attenzione sulla situazione cagliaritana: “La Società ci aveva promesso uno stadio, ma al momento nulla si è mosso. Non so per colpa di chi, non mi interessa. Io so solo che vogliamo tornare a giocare a Cagliari. Facciamo quest’appello perchè si muova qualcosa. Abbiamo giocato tre partite in una settimana, trascorrendo più tempo in aereo che a casa. Dopo tante chiacchiere, è il momento di passare ai fatti concreti: le parole se le porta via il vento“. E Conti si dice disposto anche a gesti duri: “Abbiamo bisogno di lanciare un segnale forte. Fare sciopero? Ne parlerò con i compagni, ma fosse per me lo farei. Io ho firmato per il Cagliari e ho diritto di giocare a Cagliari“. Il Cagliari sarebbe dovuto tornare a giocare al Sant’ Elia già per la partita contro l’Inter di domenica scorsa, disputata inceve ancora una volta a Trieste. Adesso la speranza è quella di riuscire a tornare a Cagliari per la prossima gara interna, quella contro il Catania, prevista per il 19 ottobre, dopo la sosta per le nazionali. Anche i dipendenti del Cagliari Calcio, non meno turbati da questa situazione, hanno espresso il loro sconforto in un comunicato ufficiale, eccone un estratto: “Il Cagliari non è solamente una Società di calcio. E’ un’azienda come tutte le altre, ed è formata da decine di dipendenti. Tutti rigorosamente sardi. Abbiamo timore che la vicenda possa compromettere il nostro futuro lavorativo, rischiando la perdita del posto di lavoro come sta capitando quotidianamente a tanti giovani sardi come noi. Non sono solo i giocatori a chiedere che la situazione ritorni alla normalità. I nostri diritti sono stati ignorati, malgrado le promesse. Vogliamo solo lavorare con dignità, come tutti i colleghi del settore, e poter trascorrere più tempo con le nostre famiglie che in aeroporto”.